RASSEGNA STAMPA

IL MANIFESTO - Il potere che si fece Stato

Genova, 8 ottobre 2009

IL POTERE CHE SI FECE STATO
di Gabriele Polo

In nome di quale legge sia stato assolto Gianni De Gennaro lo spiegheranno i giudici che ieri hanno raccolto il plauso quasi unanime del mondo politico. Di quale logica sia figlia una simile sentenza è già stato chiarito proprio dall'entusiasmo che, per almeno un attimo, ha accomunato Cossiga a Minniti, Gasparri a Follini.
Forse Gianni De Gennaro è uomo troppo potente per sporcarne il curriculum con il sangue di una macelleria notturna; svolge funzioni delicate e in quanto tali incompatibili con l'accusa di essere un bugiardo; custodisce segreti tanto trasversali da metterlo al riparo da qualunque infamia. In sintesi, è un vero uomo di stato.
E questo è già un bel problema in sé. Che diventa enorme se calato in quel che è stata Genova 2001, nel messaggio che manda ancor oggi con questa sentenza - a otto anni di distanza da Carlo Giuliani, dalla Diaz, da Bolzaneto. Quando un'intera generazione venne cacciata militarmente dalla scena della politica e della partecipazione pubblica.
Dalle caserme genovesi - dove c'era anche Gianfranco Fini - e dalle stanze del potere romano - dove c'era Gianni De Gennaro - un potere che si proclamò «stato» disse a migliaia di giovani che non li voleva tra le scatole, che non aveva bisogno di loro, che anzi erano tutti nemici. Questo fu l'ordine che arrivò forte e chiaro: «Cancellateli dalla scena pubblica», anche a costo di sospendere lo stato di diritto. Ogni singolo funzionario lo interpretò a modo suo, l'impatto fu quello che sappiamo. Contribuì non poco a impoverire la scena politica, a renderla miserabile come oggi la vediamo.